5 ottobre 2008

No Dal Molin: riflessioni varie

Tempo fa, due cari amici scrissero una e-mail comunitaria lamentando la nostra scarsa partecipazione alle manifestazioni contro la costruzione della futura base americana all'aeroporto Dal Molin. Una frase tra tutte mi ha colpita: sui sensi di impotenza i padroni e i governanti costruiscono imperi. Io mi ritrovavo - e mi ritrovo tutt'ora - in questa definizione amara: sento di essere piccola e impotente di fronte a istituzioni che ignorano chi non ha voce. Sento che quella manifestazione del 2007, nonostante le centinaia di migliaia di partecipanti, non è servita: che percorrere le strade della città come un fiume non ha smosso minimamente la macchina imprenditoriale dello stato, che aveva già deciso. Chissà quanto tempo fa! Sento che il parere dei cittadini non vale nulla contro interessi superiori alla salute, alla sicurezza, all'ambiente, alla pace. Qualcuno ha già deciso e qualsiasi cosa facciamo non servirà a nulla: questo è quello che sento.
In questi mesi se ne sono sentite di tutti i colori: sull'egoismo di chi è contrario alla costruzione della base, che quindi se ne frega se centinaia di vicentini perderanno il lavoro; sull'anti-americanismo-razzismo-xenofobia che regna nel cuore dei vicentini; sul disinteresse verso il futuro della città, che solo grazie alla nuova base potrà crescere.
Uno dei simboli della protesta dei No sono le tre scimmiette: non vedo, non sento e non parlo. Io stessa ero, fino a poco tempo fa, una di loro: "non vedo". Come uno struzzo, pensavo ingenuamente che siccome esiste un'altra città che sarebbe ben disposta ad accogliere la base americana, allora che la costruissero là! Poi ho aperto gli occhi e mi sono resa conto di un piccolo dettaglio che avevo sempre avuto davanti agli occhi, ma che non avevo considerato in pieno, ma solo nel "piccolo" di Vicenza: si sta parlando di costruire una base militare di una potenza straniera sul suolo italiano, una potenza che ha sempre trovato un pretesto per andare in giro per il mondo a sganciare bombe. Una potenza che giusto un paio di secoli fa aveva detto "l'America agli Americani!", peccato poi non abbia mai fatto al proprio prossimo quello che ha preteso fosse fatto a sé.
E sento di non essere l'unica a guardare solo nel mio piccolo: perché le manifestazioni si sono concentrate qui, a Vicenza, quando questa è una cosa che coinvolge tutta l'Italia? Perché solo in pochi hanno alzato la testa e sono venuti fin qui a dire No, quando non si tratta solo di Vicenza, o Rovigo, o Aviano, ma della nazione tutta?
Non è questione di essere anti-americani: non si tratta di ospitare nelle nostre città dei cittadini stranieri, di dar loro un posto dove stare e dove lavorare. Si tratta di aprire le nostre porte a un esercito straniero, che gode di privilegi particolari e che in quel terreno, in quella base, potrà fare quello che vuole, senza che nessuno sappia veramente cosa ci sarà. Diventerà suolo americano e nessuno temo avrà più alcun diritto di metterci il naso.
Non sapremo mai quali armi si troveranno all'interno di quelle mura, quali prodotti scaricheranno nelle nostre falde, verso quali destinazioni partiranno gli aerei da guerra.
Oltre a tutto questo, c'è un'altra questione che non mi va giù: lo Stato sta trattando i suoi cittadini come fossero bambini piccoli. Noi chiediamo delle risposte e "loro" si limitano a dire "perché di sì". Ormai si sa che tutto è una questione di solidi e che non si fa niente per niente: do ut des. E se noi diamo quel terreno all'America, loro cosa danno a noi? Chi ci guadagna da questa base, là nelle alte sfere?

Oggi avrebbe dovuto svolgersi la consultazione popolare in merito alla questione Dal Molin: assurda, sprecata, senza alcuna garanzia...il Comune avrebbe chiesto ai cittadini se attivarsi per l'acquisto dell'area dell'aeroporto, punto. Anche se avesse vinto il Sì (solo in Italia devi dire sì per dire no), non ci sarebbero state certezze di successo: e di nuovo torna il senso di impotenza.
Ho sempre provato un enorme fastidio nel sentire l'invito a non andare a votare: come all'ultimo referendum, quello sulla fecondazione assistita per intenderci, dove la Chiesa ha invitato i cittadini a non recarsi alle urne. Ma non era Libera chiesa in Libero Stato??? A scuola mi hanno insegnato che il voto è un diritto di ogni cittadino: è un mezzo ufficiale per far sentire la nostra voce, per far pesare la nostra opinione. Anche su questo si fonda la democrazia: e ci sono persone che spingono i cittadini a buttar via questo loro diritto! Se il mio sindaco mi chiede di votare, io voto, qualsiasi sia il mio pensiero. Non andare a votare per non far raggiungere il quorum mostra la paura di perdere: così sono davvero soldi buttati, spreco di risorse e di tempo, è mancanza di rispetto verso un diritto fondamentale.

Ma l'ultima beffa è arrivata proprio da chi dovrebbe garantire lo svolgersi di questo diritto e la democrazia stessa: il Consiglio di Stato ha fermato la consultazione. Lo Stato ha messo il bavaglio ai suoi cittadini. Siamo forse in una dittatura???
Fino a poco tempo fa pensavo che il nostro sindaco non avesse - perdonatemi il termine - le palle: che non sapesse prendere una posizione e quindi una decisione. In questi giorni sono stata ben lieta di riconoscere che ero in errore: fuori dalle sedi di ciascun seggio ufficiale si trovano dei gazebo dove portare comunque la propria scheda.
Se lo Stato mi mette il bavaglio, io me lo strappo: la mia scheda c'è, la mia voce si unisce a quelle di chi come me non vuole mettere la testa sotto la sabbia, "perché tanto non serve a niente". Spesso vengo presa da questo sconforto, dal senso di impotenza, e invidio i miei amici più combattivi: ma so che qualcosa lo sto facendo pure io.

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