13 febbraio 2008

Anonimo veneziano

Se trovassi la lampada di Aladino, uno dei miei desideri sarebbe quello di avere una casa a Venezia, possibilmente con l'altana: la sceglierei vicino a San Giacomo dall'Orio, o a Santa Maria dei Miracoli, oppure nei pressi di campo Santa Margherita, che conosco tanto bene. Non mi importerebbe di rinunciare alle comodità dalla città: il supermercato gigante, il centro commerciale, l'automobile.
Venezia è impagabile. Non c'è un angolo che non nasconda un po' di storia, non c'è scorcio che non meriti di essere fotografato. Tutto è a portata di mano, le distanze si riducono. Non c'è rischio di essere falciati da un'auto mentre si attraversa la strada, non ci sono ingorghi. La vita sembra rallentare, diventa meno frenetica.
Dopo la prima spesa al supermercato, capisci cosa è il superfluo: non si può riempire il carrello con tutto quello che capita sottomano, al massimo si possono portare due borse, se proprio vogliamo strafare, anche uno zaino. Ma non è molto simpatico giocare al mulo, le borse troppo pesanti tagliano le mani che è un piacere.
Il mio momento preferito è il tramonto: i palazzi si colorano di una luce calda, il cielo prende tutte le sfumature - e sono troppo belle per pensare che è tutta colpa di Marghera. Nelle case si accendono le luci e per un po' i balconi restano aperti, così si può spiare all'interno: soffitti dipinti, travi a vista, lampadari di cristallo. Frammenti di vita altrui, che fanno fantasticare. D'inverno, è l'ora in cui si alza la nebbia: pian piano gli edifici scompaiono alla vista, le calli finiscono nel nulla. C'è silenzio. Se da un angolo sbucasse un personaggio nel suo domino svolazzante, non ti stupiresti più di tanto.
In primavera, con le giornate più calde, iniziano i concerti all'aperto: i campi diventano un luogo di incontro e di festa. Le sere fresche invitano a stare fuori, a godersi le chiacchiere con gli amici, una passeggiata fino a San Marco o un gelato sulle Zattere.
A Venezia la tristezza si scaccia facilmente: basta uscire di casa, incrociare i turisti, sbirciare i negozi, scoprire nuove strade. Passare da Tonolo e sfogarsi con un bignè, così zeppo di crema che scoppia. Uno spriz al Noir, sempre pieno di gente allegra. Un giro in biblioteca, aperta fino a tardi. Un cicchetto in Ruga Rialto, dove c'è il pesce fresco e il vino buono. Viziarsi, per una volta, con un the al Florian o un aperitivo all'Harry's bar. Sedersi sulle panchine davanti Palazzo Ducale e guardare la laguna, le imbarcazioni che passano lente, i vaporetti carichi di turisti. Prendere i pattini e correre ai Giardini. Giocare con i profumi dei ristoranti etnici.
Continuo a non capire chi non la apprezza, chi la detesta: ma credo che tanti non capiscano come io riesca ad amarla, a volerci vivere. Sempre.

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