Al liceo ho letto un libro sulla timidezza - ero molto timida, a quel tempo - e in particolare ricordo un capitolo dedicato alle "etichette", ovvero quelle parole che ci vengono affibbiate da amici e conoscenti e che pretendono di definirci. Spesso può capitare che l'etichetta non corrisponda al nostro vero io, ma per svariati motivi, finisce che ci adeguiamo: da piccola mi dicevano che avevo il sedere grosso ed io ero convinta che fosse vero. A distanza di anni, riguardando le foto, mi sono chiesta perché quelle "amiche" non fossero andate dall'oculista, dato che di sedere grosso non ne vedevo traccia.
Un bel giorno mi sono stancata di essere vista per quello che gli altri credevano/volevano che fossi, non per quello che ero in realtà: così ho preso il rasoio e mi sono tagliata i capelli. Zac! Via tutto. Ho trascorso un'estate veramente fresca e finalmente sono riuscita a sfogarmi nella mia passione per i cappellini. C'è chi dice sia stato autolesionismo: io non l'ho vissuto in questo modo e mi sta bene così.
La mia ossessione per le etichette mi porta anche ad essere imprevedibile: io non sono così o cosà, io sono io. Punto. Dicono che sono un libro aperto, e devo ammettere che è vero: sono trasparente e non ci posso fare niente. Non mi piacciono i sotterfugi, gli inganni, le maschere. Però mi dà fastidio se una persona che conosco da poco riesce a inquadrarmi subito, non c'è gusto.
Ci sono, però, delle etichette che mi piacciono: sono quelle che riguardano le "competenze". "Studente", per esempio, non dice molto, sembra incompleta. "Restauratrice" dice molto di più. "Ricercatrice", il mio sogno egotico. "Pasticcera Pasticciona", nonostante la forma non proprio positiva, mi faceva sentire apprezzata: lo permettevo solo ai miei amici, le mie cavie da esperimenti culinari - e nessuno si è mai lamentato.
L'ultima che mi sono trovata appiccicata è ancora una novità, e non l'avevo mai nemmeno pensata prima. Se volessi definirmi, le prime cose che mi saltano in mente sono i libri, la mia passione per la fotografia, il computer, le conoscenze in ambito artistico. É stato uno choc sentirmi riferire "X dice che scrivi molto bene": avrei voluto chiedere se X stava parlando proprio di me, dato che lo scrivere non è proprio contemplato nella mia personale classifica di "cose che so fare". Alle elementari odiavo scrivere, al liceo era un trauma e in Accademia si guardava a tutt'altro. É il mio Apollo che scrive, è lui che dovrebbe avere un blog, io sono solo una dilettante. O no? Non è possibile che, tra tutti i libri che ho divorato, qualcosa mi sia rimasto? E lo stesso fatto di avere questo blog, di aggiornarlo con costanza insperata, non potrebbe indicare che, forse sì, qualcosa di buono c'è? Io e la mia auto-stima siamo sempre ai ferri corti, quindi non ho speranza, non ammetterò mai che X ha ragione. Nemmeno davanti all'evidenza. Però intanto mi trovo con una certa soddisfazione a potermi definire, no, a essere definita "Copywriter".
É strano. Ma mi piace. Molto.
Anna Letizia, Copywriter. B-)
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1 mese fa
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