Quando avrò una casa tutta mia, non mancherà un tavolo dedicato ai puzzle.
Ho passato un bel po' di estati china sui rompicapo di Mordillo, o ricostruendo castelli e paesaggi innevati, che poi mamy provvedeva a far incorniciare. I mille pezzi erano un traguardo fin troppo semplice per le mie esigenze, ma nessuno ha mai osato regalarmi un puzzle che andasse oltre i 1500, nè io ho mai preteso di più: come si dice, a caval donato non si guarda in bocca.
L'ultimo che ho fatto risale a tre anni fa, su commissione di mia cugina: lei non aveva la pazienza necessaria, così ha approfittato di me. In realtà, dovrei dire che io ho approfittato dell'occasione.
La concentrazione che trovo nella ricerca dei pezzi è maggiore di quella che riesco a dedicare allo studio; il rilassamento nel comporre l'immagine farebbe invidia agli yogi più esperti; il tempo scivola leggero e si porta via i minuti e le ore in un lampo. Più la composizione è complicata, più mi diverto. Il mio sguardo è così sensibile che un cielo terso non è mai un monocromo perfetto: ne colgo le sfumature infinitesimali, riuscendo a collocare ogni tessera nella posizione esatta. Mi incanto a distinguere le singole foglie degli alberi, riconoscendo le differenze dall'uno all'altro. Non sento la stanchezza, nonostante la schiena curva e la posizione scomoda.
A Barcellona ho trovato il mio personale Paradiso in un negozio della Ravensburger, dedicato esclusivamente ai puzzle: rimpiango di non averne approfittato per un souvenir speciale, avevo già adocchiato il mio sogno, un 10.000 pezzi impossibile...!
Nel frattempo, mi diverto con il sito del National Geographic, che mette a disposizione immagini da scomporre in puzzle con diversi gradi di difficoltà...e devo confessare che il tempo che dedico allo studio ne sta risentendo un po'!
100 anni di radio
1 mese fa
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