Prendo lo spunto da un .pps inviato da un amico per la festa della donna (Auguri!): una delle diapositive ricorda come per tutta la vita noi fanciulle lottiamo contro i nostri capelli - il più delle volte senza venirne a capo, aggiungo io.
Da parte mia, mi sono rassegnata a obbedire ai loro capricci, piuttosto che sprecare tempo ed energie a cercare di imporre la mia volontà, finendo puntualmente per soccombere alla loro.
Dotati di vita propria, fanno l'esatto contrario di quello che vorrei: ricci, se li voglio lisci, o dritti come spaghi appena accenno a lasciarli mossi. La mia zia krukka diceva che sono così fini che ci si potrebbe infilare le perle: magra consolazione per un'adolescente che avrebbe voluto una chioma fluente ma si ritrovava con quattro spenoti sparati in tutte le direzioni. Anche la più abile parrucchiera, dopo ore di phon e spazzola, doveva abbassare le armi di fronte alla ciocca che, contro ogni legge della fisica, puntava verso il soffitto, come un uncino pericoloso. A nulla serviva fare buon viso a cattiva sorte, e accettare di assecondare il crine nella sua piega naturale all'insù: arrivata all'ultima ciocca da domare, dovevo arrendermi al fatto che questa si girava puntualmente all'ingiù, dritta come un fuso.
Nemmeno quando ho preso il rasoio e ho fatto piazza pulita hanno capito che forse era il caso di piegarsi alla mia misera volontà: nessuna lacca extraforte ha mai mantenuto le promesse di piega imbattibile, neanche il gel per le creste è riuscito a resistere alla forza propria dei miei personali ribelli. Pure la permanente non era tale, con somma costernazione del parrucchiere.
Da qualche anno sono giunta ad una tregua: ho deciso di lasciar fare a loro e, tranne in qualche occasione in cui li minaccio con la piastra alla kriptonite, li lascio liberi di stare come vogliono. E se proprio rompono, adesso sono abbastanza lunghi da tenerli raccolti in un mollettone. Viola, ovviamente.
100 anni di radio
1 mese fa
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