Ieri sera sono tornata in un locale che ero solita frequentare alcuni anni fa, con i colleghi del cinema dove lavoravo: è un po' fuori mano ed è sempre strapieno di gente, per cui non capita spesso che venga proposto come meta del sabato sera.
Le rare volte in cui sono tornata, ho sempre sentito un piccolo nodo allo stomaco, perché mi riporta alla mente un periodo strano e confuso. Mi sono divertita tanto: ricordo serate in cui ridevo fino alle lacrime, chiacchierate in allegria, complicità, scherzi - e fiumi di anima nera. L'avevo eletta a bevanda personale, una sorta di marchio di fabbrica, più per il nome che per il gusto (che comunque adoravo): liquido scuro, dolce ma forte, con un nome che diceva molto di me. Mi sentivo una barchetta nel mare in tempesta e mi lasciavo trasportare dalle onde: anche questa è una scelta.
Sono stati mesi agrodolci, di sogni e tristezze, di amicizie, amori e delusioni. Mi sentivo fragile e piccola, eppure allo stesso tempo forte e tosta.
Tornare in quel locale riporta a galla più che immagini, sensazioni che pungono agli angoli degli occhi, come lacrime trattenute a lungo che non sanno se uscire o tornare nel cuore. Ma basta ritrovare il buon Vinicio e un sorriso cancella quel velo di malinconia: dopo tanto tempo e un'infinità di persone si ricorda ancora di me. Forse sarà così gentile con tutte, sicuramente non sono l'unica che chiama così, ma quando mi saluta come "Principessa" mi si scalda il cuore. E ancora mi sorprende offrendomi un chupa-chups...
100 anni di radio
2 mesi fa
0 responsi:
Posta un commento