22 giugno 2008

Profumo: storia di un deodorante

Il caldo è finalmente arrivato: Alleluja, Alleluja. (cit.)
Poco importa se mi riduce ai livelli di un bradipo, stesa a letto a stella per aumentare la superficie evaporabile, e diminuire i contatti tra le mie membra già di per sé accaldate.
Poco importa se come un vampiro eviterò di uscire alla luce del giorno, ma me ne starò rintanata nella mia camera al buio, per fuggire le ore più calde, e uscirò solo dopo il crepuscolo, a caccia di qualche refolo di vento.
Poco importa se il mio stomaco si chiuderà a qualsiasi cibo solido e caldo, agognando la frescura di un gelato, una bibita ghiacciata, una granatina, anzi, godrò di ogni goccia sudata che espellerà le schifezze accumulate nel lungo inverno.
Le risorse idriche, dopo le piogge di questi mesi, non soffriranno delle mie docce multiple e la Roberts mi farà un monumento per le tonnellate di Borotalco che consumerò, nel tentativo comunque inutile di lenire l'appiccicaticcio endemico dell'afa.
I deodoranti, testati nelle lunghe corse tra le calli di Venezia all'inseguimento del treno perduto, so che manterranno le promesse: sono una persona pulita e cerco di non farmi sentire. L'inconveniente è che il mio naso è particolarmente sensibile agli odori altrui e, nei mesi estivi, la vicinanza con altri della mia specie si fa particolarmente insopportabile. Già di mio tendo ad evitare contatti inutili: i luoghi affollati non hanno alcuna attrattiva, e li fuggo a gambe levate. Il mio spazio vitale si accontenta di poco, di solito: in condizioni normali riesco a tollerare una vicinanza spalla a spalla, anche se per poco. Ma il caldo non è una condizione normale, e i miei confini si allargano fino al raggio di un metro, se va bene: chi osa avvicinarsi di più è un intruso, e come tale sarà incenerito dal mio sguardo assassino. L'allarme olfattivo è il primo a scattare, e conoscendo le pessime abitudini dei miei simili non me ne stupisco più di tanto: spesso basta spostarsi un po', e il problema diventa di qualcun altro.
Ma ci sono eventi che non si possono controllare, condizioni avverse che fanno rimpiangere i fazzolettini intrisi di essenze profumate delle nostre bisnonne: gli autobus. Piuttosto che salire su uno di quei cosi preferirei farmi un chilometro sotto la candela: già angusti si per sé, nella stagione estiva si trasformano in camere di tortura, e a nulla serve l'aria condizionata o i finestrini abbassati. Tutti ammassati, pelle contro pelle, fiato e traspirazione che si mescolano con l'aria già satura di umidità. E gli odori mefitici paiono provenire direttamente dagli inferi.
Come se la tv non ci inondasse di pubblicità di saponi, bagnischiuma, deodoranti per tutti i gusti: oh, saponetta, questa sconosciuta! I cammelli, in confronto, profumano di rose: non dico di lavarsi dieci volte al giorno, ma un minimo di decenza, quella sì.
Quasi quasi mi trasferisco al Polo...

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