30 settembre 2009

Sfogo

Oggi ho realizzato che è passata una settimana dall'ultimo post: la casa è più pulita, meno tarlata, più ammobiliata, più ordinata, anche se continua ad essere allagata visto che le docce fanno acqua da tutte le parti - più silicone metto più scopro falle, non ne posso più.
Nel frattempo sono anche riuscita a iniziare un dipinto per mia cugina (La camera di Vincent ad Arles), che domani spero di finire: Van Gogh lo adoro ma da dipingere è tosto, anche perché non è decisamente il mio modo.

Domani dovrò anche trovare il tempo di fare mezzo trasloco: ebbene sì, per questo fine settimana verrò sloggiata dalla mia dimora perché l'O.F.* mi ha spodestata.
Sua Maestà ha deciso che avrebbe festeggiato l'anniversario della sua laurea (triennale, conseguita in otto anni, ti credo che festeggia) e non si è nemmeno preoccupato di chiedere. No, a lui tutto è dovuto, anche il tappeto rosso quando si presenta a reclamare la toilette per la sua morosa. Io sono la stronza, solo per il fatto di esistere, credo, perché non mi risulta di essermi macchiata di chissà quale ingiustizia nei suoi confronti. A me si rivolge con "oh, apri 'sto cazzo di porta", piombato a casa mia per il motivo di cui sopra, dopo non essere riuscito ad aprire con le sue chiavi perché le mie erano nella toppa. (No, non c'è verso di far sparire dalla circolazioni gli altri mazzi di chiavi, ci ho già provato)
Le volte che ho osato ribattere, mi ha apostrofato con un "rispetto!", come se lui fosse il principe e io la serva disobbediente. Ma non c'è da stupirsi, visto che è così che l'hanno educato i miei.
Fantastico, eh?
Di recente ha anche provato ad alzare le mani contro di me: al che io gli ho detto con un gelo solo esteriore "prova a sfiorarmi con un dito e vado a denunciarti". Ha desistito, ma confesso che un po' mi dispiace perché si meriterebbe davvero di sbattere contro un muro e svegliarsi dal regno incantato in cui crede di vivere. Sì, anche a costo di un occhio nero (mio) e una denuncia per violenze (a suo carico).
Dopo questo episodio, sbocciato a tavola, in presenza dei miei cugini, con una sequela di insulti irripetibili solo perché ho osato rispondergli a tono, i miei non hanno mosso un dito: non hanno cercato di zittirlo (mia madre: "non so più come prendere tuo fratello"; io dico sarebbe bastato uno schiaffo sulla bocca, e se avesse osato reagire sarebbero stati cavoli amari - ma questo è il mondo dei sogni), anzi, mammina ha pure cercato di difenderlo, poverino, sai che tuo fratello è nervoso quando non ha mangiato e poi anch'io e tuo zio abbiamo litigato chissà quante volte. Dovrei chiedere allo zio se ha mai chiamato mia madre con certi epiteti davanti ai miei nonni, anzi, dovrei approfittare della prossima riunione di famiglia per rendere il fatto di pubblico dominio, ma non so quanto mi gioverebbe.
Perché a casa mia sono io la malata, quella dalla parte del torto sempre e comunque: se mio fratello fa qualcosa contro di me è certamente colpa mia, perché o l'ho provocato o avrei dovuto sopportare. Perché per lui tutto è lecito, bisogna assecondarlo in tutto e per tutto e cedere a compromessi per non farlo innervosire.
Così al posto di un fratello ho un essere che si crede onnipotente e intoccabile, dio sceso in terra, da onorare e riverire e servire, la cui parola è bibbia indiscutibile.
Da un po' ho smesso di chiedermi perché sia finita in analisi: il problema è come farci finire chi ne ha davvero bisogno.




*Onnipresente Fratello

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