24 marzo 2010

Diario di tesi - Giorno 2

Questa mattina mi sono svegliata all'alba e quando sono uscita di casa ho ringraziato di aver rinunciato alla giacca più leggera, preferendo il mio cappotto invernale: faceva così freddo che ho anche messo i mezzi guanti (LaPizia non usa guanti interi, sono scomodi).
Nonostante l'aria frizzante del primo mattino, il sonno non voleva saperne di andarsene: mi auguravo che il dondolio del treno mi cullasse nel mondo dei sogni, ma fino a Mestre sono rimasta ahimé cosciente. Sempre con gli occhi chiusi, nella speranza che Morfeo arrivasse a prendermi prima del capolinea, vengo letteralmente scossa da un tocco sulla spalla: penso al controllore di passaggio, ma si trattava di una borsa, appesa alla spalla di una signora distratta. Mi guardo intorno e mi chiedo perché mai la gente che deve scendere a Mestre sia così tanta da intasare il corridoio: volgo lo sguardo fuori dal finestrino e mi rendo conto che siamo arrivati a Venezia. Evidentemente ho perso conoscenza durante gli ultimi venti minuti di viaggio - sì, perché nella lunghissima tratta Mestre-Santa Lucia, 5 km scarsi, il treno impiega dai 10 ai 20 minuti.
Scendo ancora imbambolata di sonno e mi dirigo a passo veneziano verso la biblioteca di Palazzo Mocenigo: arrivo in anticipo e il custode mi fa accomodare in attesa che arrivi la bibliotecaria. Silenziosamente gioisco per la dipartita del mallevadore-manico-di-scopa: altro motivo di sorpresa sono gli scaffali, non più sigillati da grate metalliche, ma aperti - senza però la possibilità di fai-da-te.
I primi dieci minuti sono dedicati alle scartoffie: registrazione in duplice copia, compilazione dei moduli di richiesta, ma soprattutto ricerca nello schedario. Sia maledetto colui che ha inventato un simile sistema di catalogazione, dove l'elenco alfabetico comprende sia autori che titoli.
Nell'attesa di cui sopra, avevo addocchiato un libro che mi aveva consigliato il relatore: cerco la scheda per trascriverne la collocazione, ma non la trovo. Mi sposto nella sala adiacente per copiare direttamente la collocazione del volume dal tomo stesso e la bibliotecaria se ne accorge: stupita, mi chiede perché non fossi riuscita a trovarla in schedario, e si accinge a mostrarmi il mio errore. Cerca che ti ricerca, nemmeno lei trova la scheda. Rido sotto i baffi e maledisco l'archivista.
Resisto tre ore, poi me ne torno verso casa: all'uscita, vengo salutata da un sole caldo e splendente, che mi ristora dal freddo buio patito in biblioteca. Dopo aver incrociato qualche turista ramingo - non è una zona molto battuta dai visitatori - mi rendo conto della differenza tra me, in cappotto e guantini, e loro, in maniche corte. Riscaldata dalla camminata, ripongo i guanti in tasca, e vorrei poter fare lo stesso col cappotto.
Finalmente è arrivata la primavera! Il mio giardino è un'esplosione di colori, con le forsythie giallo oro e il verde tenero dell'erba nuova e il viola dei fiorellini di non so che specie.
Ora sono in cucina, unica stanza ad essere baciata dal sole del pomeriggio, e mi godo questo tepore naturale dopo il freddo patiti nelle scorse settimane.

5 responsi:

Demart ha detto...

"mi dirigo a passo veneziano": cioè? Gondoleggiando? Andando a ritmo di Rondò Veneziano?

Pythia ha detto...

Ahahahahahah! XD

Se capiti per Venezia, ti mostro io cos'è il passo veneziano - sempre che tu riesca a starmi dietro :-P

Demart ha detto...

Un camminatore (anche se ormai fuori allenamento) come me? AHAHAHAH!!!
A meno che il passo veneziano non preveda tratti a nuoto: in tal caso potrei avere qualche difficoltà :P

Ale ha detto...

nessun tratto a nuoto, nemmeno con un tutone in doppio neoprene che rischierebbe di venir coroso!
un napoletano che non sa nuotare :?

Demart ha detto...

Eh... ma io sono montanaro!

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