27 luglio 2010

Mamma non m'ama

Se al mondo c'è una persona che dovrebbe conoscere profondamente i nostri gusti, le nostre passioni, le nostre necessità, è la mamma: se non altro perché abbiamo diviso la stessa casa per almeno vent'anni, anche trenta e oltre nel mio caso.
Si dà il caso, invece, che mamy non mi conosca affatto, e che oltretutto bellamente ignori le necessità che le paleso.
Ieri mattina, con gli auguri per l'onomastico, mi invitava a passare da casa a prendere un misterioso pacco: tornata dal mare, non resistendo alla curiosità nonostante la stanchezza del dolce far niente, mi sono precipitata alla materna magione.
Con un sorriso malizioso e soddisfatto, mamy mi porgeva una borsa, che conteneva un pacco del caffè buono della sua amica, delle caramelle, una stecca di cioccolato al latte e il misterioso pacco: "è delicato, aprilo a casa".
In cuor mio immaginavo fosse un servizio da gelato/macedonia, che ancora mancava in casetta nuova: la volta che ho avuto a pranzo i miei, ho servito il dessert a loro nelle uniche due coppette che avevo, mentre per me e Apollo ho dovuto usare due tazze.
Non ho resistito alla curiosità e non ho aspettato di arrivare a casa: con poca grazia ho strappato la carta che avvolgeva il pacco bomba e ho sbirciato all'interno. Ho pensato che il sole mi avesse dato alla testa, perché quello che ho visto era decisamente un'allucinazione: non è nello stile di mamy, lei così precisa e attenta nello scegliere i doni, né nel mio, né soprattutto rispondeva alle mie necessità, non solo perché non si trattava delle suddette coppette, ma perché è qualcosa da tenere in cucina, un optional per di più, e mamy sa che non ho posto. Quando vado a fare la spesa, devo attenermi alla lista, e niente extra, perché la mia dispensa è talmente ristretta che per riempirla devo sfoderare le mie vecchie virtù da campionessa di Tetris.
Trattasi di un servizio da tè giapponese, con teiera e quattro tazze di quelle senza manico, che magari hanno anche un nome tecnico, ma io, odiando cordialmente tutto ciò che è orientale, ignoro.
Mille domande mi si sono affacciate in testa: dove lo metto? Cosa me ne faccio? Come posso vincere la tentazione di scaraventarlo dalla finestra? O di dirle di riportarlo dove l'ha preso?
Il dove potrebbe essere risolvibile con poco: il servizio ha una sua scatola, quindi posso lasciarlo anche su una delle mensole in cucina o in sala.
Il cosa è già più complicato: il tè lo bevo in tazze grandi, e non sono solita né usare la teiera né avere ospiti cui servirlo in pompa magna. Potrei convertire le tazze in coppette da dessert, se non fosse che sono grandi a malapena da contenere mezza pallina di gelato.
Il come è veramente più difficile: perché innanzitutto non si fa, neanche con mamy, e perché poi la ucciderei. Aveva stampata in faccia l'espressione da "ti ho preso una cosa bellissima che ti piacerà tantissimo, che è proprio il tuo genere, che sarai contentissima di avere e di poter usare, che è uno sfizio che ti farà piacere e non è quello che ti aspettavi". Come quella volta che, anni fa, è tornata dalla gita a Roma con un vestito per me: da un po' di tempo avevo cacciato in fondo all'armadio i camicioni informi in cui ero solita nascondermi, con la scusa di nascondere la ciccia, e con soddisfazione sfoggiavo magliette aderenti e gonne che si modellavano sulle mie forme anziché occultarle in metri di stoffa. Per una volta si riuscivano a distinguere i tre punti chiave del corpo femminile, seno, vita e fianchi, che anche se non proprio snelli avevano la loro bella forma a clessidra.
E cosa tiro fuori dal pacchetto? Un abito di un meraviglioso cotone egiziano (lo adoro), morbido e coccoloso. Peccato che fosse una specie di burqa.
Manica a tre quarti, larga, con spalle a sbuffo. Pettorina con inserti di pizzo, l'unico dettaglio a salvarsi. Vita alta. E qualche chilometro quadro di stoffa ad avvolgere le gambe fino alla caviglia. Sono scesa a farle vedere come mi stava con le lacrime agli occhi, e lei sorrideva, tutta orgogliosa per avermi regalato qualcosa di bello. E il suo sguardo mi ha fatto ancora più male. Perché mi sono sentita la donna invisibile.
Il vestito è rimasto nell'armadio per un bel po': poi ho preso coraggio, sono andata in sartoria e me lo sono fatta sistemare, via le maniche e via un po' di stoffa. Ora lo porto, in casa, ma lo porto.
Credo che la stessa cosa succederà con il servizio da tè: resterà nella sua scatola, sulla mensola più alta, e poi lo userò. Come fioriera, magari.

È così difficile capire che per farmi felice mi basta un libro?
(Come se mamy non mi avesse mai accompagnata nel mio
sciopping libresco compulsivo...)

5 responsi:

Io con me e me stessa ha detto...

Fortunatamente i miei ci azzeccano sempre quando devono regalarmi qualcosa, sia si tratti di libri che di "oggettistica" per la camera o vestiario (azzeccano per fino le taglie!).
In compenso il mio moroso non ha la più pallida idea di cosa mi possa piacere, e necessita ogni santa volta dell'aiuto da casa (ovvero chiede palesemente "Cosa ti serve?") .. se non si risponde si rischia che si presenti con la classica bustina coi soldi (come all'ultimo compleanno.

Ma il vestitino .. se mettevi una bella cintura in vita, di quelle alte che vanno di moda ora, non era utilizzabile?

Pythia ha detto...

Guarda, era una cosa improponibile: la sarta mi ha quasi fatto un colpo quando gliel'ho portato, non sapeva da dove cominciare :-P

aerie ha detto...

Adesso fa caldo, ma magari un autunno ti verrà volgia di usarlo.
Oppure puoi regalarlo ad un'amica a cui piace il te'.

Pythia ha detto...

Nuooo, riciclare i regali nooo :-P
Cmq ho già cominciato a usarlo: le tazze sono perfette per il gelato affogato nel caffè ;-)

giuseppina ha detto...

Non mi azzardo a fare regali alle mie figlie. Metto i soldi nelle loro buste virtuali (cartasì)et voilà...spendeteli come volete e buon compleanno!

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