Mercoledì revisione, cominciata in grande stile con il pranzo interrotto sul più bello. Me ne stavo appollaiata sui gradini che portano alla mansarda - che viene aperta solo se ci sono docenti presenti - rimembrando i bei tempi dell'Accademia e i pranzi del venerdì al "Pùnaro". Con le mie compagne di corso, solitarie presenze nella nuova sede non ancora frequentata, avevamo eletto a nostro luogo di chiacchiere e cibarie la scala che portava a un piano misterioso, con porta antifiamma perennemente sbarrata e quindi mai utilizzata. In sei comari sembravamo altrettante galline sul "punàro" (parola dialettale che indica la scala del pollaio); il professore di Architettura, altro disgraziato docente che teneva lezione di venerdì, sorrideva sempre al vederci appollaiate con i nostri panini in mano e un giorno ci diede l'incarico di inventare un nome per il nostro ritrovo. A Venezia ci sono i Bàcari, quindi per concordanza d'accento l'abbiamo chiamato, appunto, Pùnaro.
Dunque mercoledì mi trovavo appollaiata su un surrogato del caro Pùnaro, a mangiare una fetta di pizza e a spettegolare con le compagne di disgrazia, quando arriva il prof, evidentemente in anticipo, che ci richiama all'ordine sostenendo che così "non è decoroso". Ero troppo affamata e stanca e raffreddata per dirgli dove mettersi il suo decoro.
Al mio turno di colloquio ricevo le bozze corrette e consegno le nuove; mi ritrovo anche con compiti urgenti da svolgere, tipo scrivere l'introduzione per oggi (venerdì mattina, ndr) e, marginalmente, consultare un libro.
Ora di arrivare in stazione, prendere il treno e tornare a casa, si son fatte le sei e mezza; con in più il raffreddore ero cotta, quindi di mettermi al pc non ne avevo nessuna voglia.
Ieri mattina gironzolo per la rete in cerca di suggerimenti per come impostare l'introduzione alla tesi - avevo già capito che raccontare la storia del prof dell'Accademia incontrato in treno che mi suggerisce l'argomento di tesi non sarebbe stato decoroso. Per ora di pranzo me l'ero sbrigata, così ho dedicato il pomeriggio alla correzione del capitolo appena ritirato, che con le sue 38 pagine e 500 note non ho ancora portato a termine (kispios, fino a poco tempo fa avrei scritto "finito", sto prendendo i modi loquaci del relatore, omg!!!).
Oggi, prima di partire per il colloquio, controllo il materiale e lo stampo, poi mi dirigo in università. Consegno le due versioni dell'introduzione, una semplice, la seconda integrata con riferimenti bibliografici perché non si sa mai, e mi sento chiedere se sono stata a controllare il libro tal dei tali.
Ora: mercoledì pomeriggio la biblioteca era chiusa; giovedì ho lavorato all'introduzione; venerdì mattina non c'era tempo.
Oh, e oggi ha rincarato la dose: per martedì devo completare e correggere tutta la tesi, perché la vuole controllare dalla prima all'ultima pagina.
Chi sono io? BABBO NATALE, EH???
Perché ho il giratempo e le mie giornate durano 72 ore. Perché quella volta alla Cresima mi è stato donato non lo Spirito Santo ma direttamente il Dono dell'Ubiquità. Perché ho il teletrasporto. Perché le biblioteche per me aprono anche di notte e non ho bisogno di dormire, mi basta farmi un po' di aria col ventaglio e sto a posto.
Tu e le tue note per ogni virgola, e quando son poche e quando son troppe. Tu e la tua bibliografia infinita, che ogni volta ce n'è una nuova. Tu e le tue norme redazionali del kispios, che seguo alla lettera ma non va bene comunque. Tu e le risposte vaghe con la precisazione vitale quando è ormai troppo tardi. Tu e il tuo cadere dalle nuvole per una questione che non sono stata io a tralasciare ma tu a non voler sentire - ed è comunque colpa mia. Tu che sminuisci la mia intelligenza, la mia competenza e la mia capacità di presentare un lavoro decoroso, soprattutto se ti ho appena ribadito che vengo da studi di Belle Arti e devo solo mettere in ordine quattro schifosissime foto. Tu che hai il terrore che in sede di discussione faccia fare brutta figura a te, insignificante uomo insicuro e con la coda di paglia.
Dammi il mio voto, dammi il mio pezzo di carta, e poi sparisci perché ti farò diventare i capelli bianchi.
100 anni di radio
1 mese fa
6 responsi:
Prima di diventare prof. gli fanno un test: se non sono test di ca... non li prendono. Resisti Pizia!
Allora io non ho speranze...di diventare prof! XD
Il dono dell'ubiquità. Lo dicevo io, che sei benedetta :p
Ops, scusa non sapevo che volessi diventare prof. universitaria, naturalmente saresti l'eccezione alla regola, ottima prof, umana e comprensiva!!!
@ Giuseppina: tranquilla, stavo scherzando. Di università ne ho fin sopra i capelli ;-)
e poi dicono che lavorare stanca.......
Posta un commento