Mentre ragazzini italiani sfidavano la pioggia e il freddo emuli dei loro coetanei americani minacciando la tranquillità casalinga altrui al grido di battaglia "dolcetto o scherzetto", mentre giovani spensierati si divertivano in una danse macabre travestiti da vampiri, streghe e morti viventi, pian piano, più silenziosamente, le acque del Bacchiglione salivano inesorabili. Nel pomeriggio del primo novembre, tutti i santi sono stati invocati non per celebrare la loro ricorrenza, ma per le preghiere e più spesso le imprecazioni di quanti si sono ritrovati con l'acqua alla gola. In centro si girava in barca, i suv che cavalcano tranquillamente il traffico delle ore di punta bloccati dalla fiumana, ruspe e trattori mobilitati per raggiungere chi non poteva muoversi di casa.
Si poteva prevedere, era impossibile dirlo con certezza, le autorità erano state avvisate, l'allarme era stato dato: sono polemiche sterili una volta che il latte è versato. L'unica cosa che si può fare è rimboccarsi le maniche e fare il possibile per rimediare al danno.
Questo hanno fatto tutti quelli che si sono presentati nei giorni scorsi ai punti di raccolta della protezione civile e che, indossati stivali e guanti, impugnato badile e ramazza, sono andati da chi aveva bisogno: studenti in vacanza forzata per la chiusura di scuole e università, lavoratori in ferie autoimposte per mettere al servizio altrui le proprie braccia, vicentini tornati appositamente dalle trasferte, persone di altre città, senza nessun legame qui, che si fanno ore di treno per dare il proprio aiuto. Giovani e meno giovani, uomini e donne, addestrati o semplici volontari, tutti uguali dopo essere stati per ore a spalare fango.
Anche Apollo e io ci siamo uniti alle migliaia di volontari in azione a Vicenza, sabato mattina. Il caso ha voluto che la nostra squadra fosse composta di amici vecchi e nuovi: c'erano Leo e Mary, che Apollo aveva conosciuto in vacanza studio, c'era Icio, amico di Leo, che io avevo conosciuto ai tempi del liceo, e c'era Ele, mia compagna di Accademia prima e di Università poi. Se alla mattina pensavo che fossimo affiatati perché legati da ricordi e conoscenze comuni, al pomeriggio mi sono ricreduta, quando ci siamo uniti ad altri venti per riempire sacchi di sabbia in previsione della nuova ondata di maltempo. Nel giro di pochi minuti avevamo formato piccole catene di montaggio - tieni il sacco, spala, chiudi il sacco, carica il bancale - che hanno mandato in tilt i meccanismi da tempo collaudati della pubblica amministrazione - uno lavora, tre guardano. Solo dopo quanche decina di sacchi sono scattate le presentazioni, che sembravano inutili visto che si lavorava e si chiacchierava come se ci si conoscesse da sempre.
Il divertimento iniziale della trasfera in autobus lungo le vie del centro, solitamente chiuse al traffico, con tanto di scorta della polizia con lampeggianti accesi, si è presto smorzato al passaggio nelle zone colpite dall'alluvione: intere case sembravano ammucchiate fuori dalla loro stessa porta; letti, mobili, elettrodomestici, libri, ricordi. Tutto trascinato via dal fango, tutto da buttare, tutto da rifare. E noi a riempire sacchi, ci sentivamo inutili al pensiero di quelli là fuori a spalare fango, a sgomberare macerie, e in fondo speravamo pure di esserlo, inutili, perché l'idea che quei sacchi avrebbero potuto essere utilizzati ci metteva i brividi.
Con la schiena a pezzi e ogni muscolo dolorante, questa mattina siamo tornati a dare una mano, purtroppo a un'amica nonché cugina di Apollo, che si era trovata con più di un metro di acqua in casa. Il grosso dei lavori di sgombero era già stato fatto, ma la desolazione non era minore. Restava da pulire quello che si poteva salvare, aggiungendo acqua al mare di fango che ancora era il cortile. A mezzogiorno è arrivata la squadra di volontari che ci hanno dato il cambio e chi ha preso il nostro posto con canna e ramazza non l'ha fatto con meno impegno, pur trovandosi in casa di socnosciuti.
"Sei gradi di separazione" sono quelli che collegano ogni essere umano con un altro, anche lontano mille miglia, anche di un mondo completamente diverso. Con solo sei passaggi puoi dire di conoscere Tom Cruise o Angelina Jolie. Con solo sei passaggi, puoi dire di avere un amico a Vicenza con la vita spazzata via dall'acqua. Non siamo così distanti, non siamo così estranei.
100 anni di radio
1 mese fa
2 responsi:
Non vorrei conoscere Angelina e Brad bensì te e il tuo ragazzo! Avete fatto ciò che il cuore vi dettava di fare, aiutare sconosciuti in grave difficoltà. Siete delle persone in gamba, continuate così!
So. So. So. Non è nulla di nuovo per me, tranne i 130 e passa morti di differenza.
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