9 febbraio 2008

Fuori tema

Alle medie mi capitava una cosa strana, con i temi, che non mi so spiegare. Scrivevo la brutta copia, ma al momento di ricopiarla in bella finivo sempre per riscrivere il tema da zero: alla fine avevo due temi diversi per un'unica traccia. Un giorno stavo poco bene e mi ricordo chiaramente che è stata l'unica volta in cui ho riscritto parola per parola la brutta.
Credo che quei tre anni di scuola media siano stati gli unici in cui mi sia divertita a scrivere.
Alle elementari non lo sopportavo, pensavo che la maestra fosse un'impicciona e che usasse i compiti per spiarci. Spesso non sapevo cosa scrivere perché mi sembrava tutto banale e di poca importanza. Nel 1985 c'è stata la nevicata del secolo, le scuole hanno chiuso per una settimana - o per lo meno è questo quello che mi ricordo. Ovviamente avevamo dei compiti per casa, tra cui l'immancabile tema. Davanti a casa mia c'è un giardino con degli alberi, lo chiamavamo la "zona verde": per la gran nevicata era arrivata una ruspa a pulire la strada e man mano che raccoglieva la neve, la scaricava nel prato. Nei miei ricordi quel mucchio di neve era una montagna: noi bambini ci passavamo i pomeriggi a giocare e la mamma arrivava a chiamarci sempre troppo presto. Sicuramente la mia lo faceva prima di tutte le altre mamme, era un po' troppo protettiva. Nonostante tutto questo, in quel tema per casa non sapevo cosa scrivere...
Al liceo invidiavo i miei compagni che scrivevano anche due fogli protocollo interi: era tanto se io riuscivo ad arrivare alla fine del primo. Quegli anni sono stati la mia fase ermetica: riuscivo a scrivere l'essenziale, chiaro, senza giri di parole. Peccato che i miei insegnati volessero il contrario.
Ho sempre tenuto un diario: nonostante cercassi di impegnarmi, però, non sono mai riuscita a scrivere ogni giorno. (Questo blog è un gran successo! ;P ) Di solito scrivo nei momenti di crisi o di tristezza, mi serve a chiarire le idee o, più spesso, a "mettere i problemi nel barattolo". La mia yogi lo chiamava la boccia dei pesci: quando ce l'ha spiegato mi sono sentita un genio. I problemi capitano a tutti e di solito tendiamo a pensarci di continuo, affannandoci a trovare una soluzione. A volte, però, è necessario staccare, prendere fiato, per non impazzire. Così si prendono i problemi e si mettono in un vaso trasparente - o nella boccia dei pesci rossi: sono lì, li vediamo, ma non ci possono toccare, almeno per un po'.
Qualche anno fa (aaaaaaaaaaahhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!10 dieci anni fa!!! aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhh!!!) ho incontrato la mia maestra delle elementari che si era stupita moltissimo dal fatto che mi ero iscritta a lettere. "Ma se tu odiavi i pensierini!" (chiamava così i temi) Non odiavo scrivere, piuttosto non mi piaceva che qualcuno leggesse i miei pensieri, che potesse esprimere un giudizio. Non mi piaceva dover seguire per forza una traccia, un percorso scelto da altri. Provavo una sensazione sgradevole nello spremermi il cervello per scrivere cose che non mi interessavano, che non mi piacevano, o che semplicemente non mi emozionavano.
E adesso ho un blog. Chiunque può leggerlo, chiunque può esprimere un giudizio. Poco importa se per ora lo conoscono in quattro gatti - anzi, per ora mi va bene così, sono un tipo riservato, in fondo.
Quello che mi piace è che qui le regole le detto io. Non ho tracce da seguire: i titoli dei post li scelgo io e quasi sempre vado a finire da tutt'altra parte. Non ho limiti minimi o massimi: posso scrivere quanto e quando mi piace. Non devo essere chiara ed esplicita per forza, non devo motivare ogni pensiero, non devo essere coerente.
Scrivo. Punto.
E mi piace.

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