Meglio soli che male accompagnati: non è un gran che come consolazione, se a San Valentino sei single e con tutto il cuore vorresti poter festeggiare anche tu. Pensi che preferiresti essere anche male accompagnata, pur di non affrontare da sola tutti i cuoricini che vagano nell'aria. Invece ti trovi ad annaspare nel miele che ti circonda, con la sgradevole sensazione di trovarti nelle sabbie mobili. Il mio lard-disc ha rimosso quasi tutti i Valentini solitari: ma ne ho uno ben chiaro in mente e nel cuore.
Ero al terzo anno di Accademia ed era di venerdì. Me lo ricordo bene perché il giorno dopo ci sarebbe stata l'inaugurazione dell'Anno Accademico e, in qualità di rappresentanti degli studenti, le mie amiche ed io saremmo intervenute alla cerimonia. Per l'occasione, abbiamo preparato un gran bel discorso: ce l'ho ancora, da qualche parte tra le mie scartoffie. Il venerdì era una giornata tranquilla, così abbiamo saltato l'unica lezione che avevamo per scrivere il nostro intervento. Abbiamo approfittato dei pochi professori presenti in sede per avere un parere preventivo: i temi toccati erano molto sentiti e delicati. Era il periodo della riforma delle università, del cambio di sede e dell'autonomia delle Accademie e dei Conservatori: abbiamo manifestato le nostre preoccupazioni per gli spazi angusti degli Incurabili (un nome che è tutto un programma...), per le riduzioni dei programmi di studio, per la frammentazione di un percorso che si distingue dal "sapere" dello studio perché si fonda sul "fare" artistico. Eravamo entusiaste, ci sentivamo forti e sicure: sentivamo che stavamo facendo qualcosa di nuovo e importante. I professori bonariamente ci chiedevano perché passavamo il giorno di San Valentino in Accademia, a preparare comizi. Noi ridevamo, sia perché eravamo tutte single (tre su tre! Gli studenti dell'Accademia avevano il prosciutto sugli occhi...) sia perché credevamo davvero in quello che stavamo facendo.
A dir la verità, io ho trovato pure il tempo per invitare un "lui" ad uscire, la sera: ha declinato la proposta, non poi così indecente, e mi è dispiaciuto veramente tanto. Era un venerdì sera e io sarei rimasta a Venezia per la cerimonia del giorno dopo, in collegio non c'erano ragazze con cui avessi legato, dato che le mie amiche erano tornate a casa per il fine-settimana. Avevo voglia di compagnia, della "sua" compagnia in particolare, ma non mi sarei fatta trasportare troppo dall'atmosfera sdolcinata: se fosse successo qualcosa, bene, sennò, bene lo stesso. Stavo così bene con me stessa che prendevo la vita come veniva, cercando di cogliere le occasioni che mi si presentavano e soprattutto di evitare possibili rimpianti: mi sono "buttata" tante volte, perché sentivo che era giusto così. Sono caduta altrettante volte, e non sempre in piedi, ma avevo la soddisfazione di dire "ci ho provato, ho vinto la mia timidezza, non ho rinunciato a priori".
Tornando verso il collegio, a fine giornata, ero elettrizzata per l'indomani: suona il telefono, mio fratello. In quel periodo usciva con non so quante ragazze, nessuna delle quali morosa ufficiale, ma ciascuna pretendeva di passare la serata con lui. Così le ha fregate, organizzando una gita fuori programma a Venezia, con i miei, per farmi compagnia. Sono arrivati per ora di cena, li ho portati al Casin dei Nobili, un ristorante situato in quello che una volta era un bordello, come dice il nome: è stata una serata piacevole, una delle poche in cui mi sono veramente divertita con i miei.
Ero da sola, eppure non lo ero: per una volta tanto sono riuscita ad apprezzare veramente quello che la vita mi offriva, senza lamentarmi perché non era quello che avrei sognato.
L'ottimista vede la rosa e non le spine; il pessimista si fissa sulle spine, dimentico della rosa. (Kahlil Gibran)
100 anni di radio
2 mesi fa
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apprezzare veramente quello che la vita mi offriva, senza lamentarmi perché non era quello che avrei sognato.
BEN FATTO
"L'ottimista vede la rosa e non le spine; il pessimista si fissa sulle spine, dimentico della rosa."
BEN DETTO
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