Secondo l'enneagramma, il mio enneatipo pretende più del massimo da sé stesso, con il risultato di essere perennemente insoddisfatto, anche davanti a un risultato più che ottimo, e sempre in tensione, perché devo dare sempre il meglio. Morale della favola: i successi non vengono quasi mai goduti, perché una piccola pecca salta comunque fuori e perché c'è sempre un altro traguardo da raggiungere. Che l'enneagramma sia un modo fondato di definire la situazione o meno, è comunque così che mi trovo a vivere le cose che faccio. Anche davanti a un 30 e lode ho trovato da ridire (l'esame era facilissimo, ha dato voti alti a tutti), un 29 mi mette in crisi (cosa non ho saputo? cosa avrei dovuto studiare meglio? cosa approfondire?). Quasi quasi ha ragione Calvin: contento dei suoi E- , gli piace mantenere basse le aspettative altrui.
Non mi piace essere così, ma è più forte di me: con tutta la mia buona volontà di prendere le cose come vengono, di fare non il minimo ma almeno il giusto, di avere meno fretta di fare tutto e perfetto alla decima potenza, sono sempre allo stesso punto.
Il mio prof di filosofia una volta ci parlava dei nonsense linguistici: "isterica" può essere solo una donna, perché gli uomini non hanno l'utero (ister, in greco). O "esaurimento nervoso", controsenso, perché i nervi si rigenerano in continuazione. E se invece i miei nervi si rigenerassero meno di quanto ne consumo?
Rileggo il post e trovo tutto quello che faceva orrore ai miei prof del liceo: cosa, fare, ripetizioni a nastro, parentesi (non stiamo facendo matematica!), domande retoriche, anacoluti. Rido, pensando che forse, dopo tanto tempo, mi sto affrancando dal bagaglio spesso scomodo e pesante che mi è stato messo sulle spalle: posso, non devo.
100 anni di radio
2 mesi fa
0 responsi:
Posta un commento