Che sia un foglio di quaderno o di blocco per schizzi, una tela o una schermata del word-processor, puntualmente vengo presa dal panico da foglio bianco: il ridicolo è che mi succede solo quando *devo* scrivere o disegnare, mai quando lo faccio per i cavoli miei, e questo blog ne è la prova.
Le mani iniziano a sudare, la testa diventa un flipper talmente scombussolato che dopo un po' si paralizza sul nulla, il respiro si fa corto e accelerato e un tremore si fa strada lungo braccia e gambe. Ogni scusa è buona per distrarsi, dal controllare la posta all'espletare le naturali necessità fisiologiche. E non riesco a chiudere internet perché potrebbe servirmi e impiegherei troppo tempo a connettermi di nuovo.
Ai tempi del liceo riuscivo a farvi fronte scrivendo di getto tutto quello che mi passava per la testa, finché non trovavo la frase che dava il via alla valanga di idee che aspettavano uno sfogo. Se devi svolgere un tema sulle innovazioni dell'Impressionismo nella pittura non c'è problema: ma quando si tratta di una tesi di laurea il gioco si complica.
Vorrei aver presente tutto quello che devo sapere, ma che ancora non so perché parte degli appunti aspettano di essere trascritti, gli articoli fotocopiati da microfilm sono ancora in biblioteca - mea culpa, non ho avuto tempo di andare a prenderli - e la marea di libri che ho consultato a Venezia è in formato .jpg e sta aspettando un riassunto-indice-sommario.
Nel frattempo il prof vorrebbe leggere qualcosa: e questo non aiuta, perché al panico scatenato dal sottoporre un mio elaborato a un docente, si aggiunge il terrore di confrontarmi con uno che scrive e *parla* come il Devoto Oli.
100 anni di radio
1 mese fa
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