Musicalmente parlando sono un disastro: al liceo avevo un unico amore, Michael Jackson, e tutto il resto era fuffa.
C'era MTV, ri-trasmessa in Italia dall'allora tele+3, in inglese e con i VJ storici, a partire da Enrico Silvestrin, che sfoggiava la sua folta e lunga chioma bionda *_*
Nell'attesa di un video di Michael, un po' di cultura musicale me l'ero anche fatta: snobbavo i Nirvana, che ho riscoperto in un secondo momento, mi divertivo con i Def Leppard, anche questi rispolverati di recente (nonostante Tuz tentasse il lavaggio del mio povero cervello fritto aggiungendo alle lettere DEF, su tutte le rubriche dei diari, "Leppard"). C'era Brian Adams, poi i Bon Jovi (e la prima crisi ormonale davanti al video di Keep the Faith, mammamia!), pure i Take That: i Queen li ho conosciuti solo perché a mamy piaceva Freddie Mercury, gli AC-DC erano "rumore", i Metallica valevano solo per Nothing else matters.
Più tardi sono arrivati i Savage Garden, di cui posso vantare di aver acquistato ben due copie del primo album omonimo: la prima in cassetta, perché costava meno del cd e non volevo buttare soldi per le sole 3 canzoni che mi piacevano; la seconda in cd perché avevo ascoltato talmente tanto tutta la cassetta che non si sentiva più nulla.
Poi è giunta l'era degli mp3 ed è stato il crollo: se prima, di tanto in tanto, osavo acquistare un cd di qualche artista che non fosse Jacko, poi non mi sono più concessa il rischio di spendere un pacco di soldi per un cd di cui mi piaceva un'unica canzone. Le mie playlist sono un collage di artisti vari e anche datati, solitamente brani noti per essere stati trasmessi in radio, con rare incursioni di qualche brano ascoltato tramite Apollo.
Non ho più il tempo e la pazienza di ascoltare come si deve un disco, magari leggendomi i testi o prestando abbastanza attenzione per capire le parole - il mio inglese non è poi così male. Preferisco l'ascolto di quelle canzoni ormai note e rassicuranti a quello di musica nuova e sconosciuta: questa mi mette puntualmente a disagio, come se volessi stringere tra le mani l'acqua di un ruscello. Ai concerti puntualmente mi annoio e conto i minuti che mancano alla fine, maledicendo i bis: l'ultimo che mi ha veramente emozionata è stato quello dei Modena City Ramblers, nel luglio del 1999, con un bis mezzo centimetro più in basso 5 anni dopo (pogare in prima fila con la schiena ustionata dal sole è una cosa che non si dimentica).
Apollo mi ha trascinata - consenziente - a svariate serate jazz, e ai concerti di Sergio Cammariere, Giovanni Allevi, Buena Vista Social Club, Smashing Punpkins, Dave Matthews' Band e sicuramente altri che non ricordo. Lui salta e canta tutto il tempo, io sto impalata come un baccalà trattenendo gli sbadigli.
Insomma, faccio schifo.
Ma la via della redenzione è sempre dietro l'angolo: qualche mese fa, sia lodato Faccialibro, ridendo e scherzando Apollo e io ci troviamo destinatari di due biglietti dell'HJF per il concerto dei Pearl Jam, per gentile concessione della zia Cate. Dopo aver contato i giorni, dopo aver pregato anche in turco perché il tempo fosse clemente e la serata non si concludesse come quella dei Green Day, posso dire che ce l'abbiamo fatta.
La pioggia ci ha colti mentre eravamo ancora in auto: in coda verso la destinazione, ci divertivamo a guardare le auto vicine cariche di altri compagni di festival. Prossimi al Parco San Giuliano, sentivamo già gli Skunk all'opera - e che nervi sapere che ce li stavamo perdendo!
Arrivati al parco, cerchiamo un varco nella folla per conquistare una posizione da cui fosse visibile il palco e uno schermo: altra nota di demerito, di solito ai concerti ci sono *mega*schermi, ai lati del palco. Ieri c'erano due *mini*schermi, pure in basso, per cui non si vedeva né il palco né lo schermo: e la regia? No, dico, le riprese dovrebbero servire per quegli sfigati che non riescono a vedere il palco, e loro che fanno? Inquadrano il pubblico. Mi pare giusto.
Dopo gli Skunk è stato il turno di Ben Harper, che non mi ha fatto né cado né freddo: verso la fine del suo concerto ha chiamato "un mio e un vostro amico", e ha duettato con Eddie Vedder sulle note di Underpressure. Delirio.
La mezz'ora abbondante di pausa è stata eterna, e le due ore di concerto anche troppo brevi: mi sono pentita di non essermi fatta una cultura dei Pearl Jam in preparazione dell'evento. Quanto avrei voluto conoscere almeno qualche ritornello e cantare a squarciagola con gli altri! Certo mi sono scatenata, ho ballato (io che ai concerti non muovo un muscolo), ho applaudito e urlato. Sono stata prossima all'omicidio della tizia dietro di me, che si esibiva in assoli stonati a squarciagola: se Eddie Vedder è sul palco e lei tra il pubblico, un motivo c'è, no?
"Vogliamo suonare, per due motivi: primo motivo, abbiamo tante canzoni. Secondo motivo, il mio italiano fa schifo."
"Per noi l’Italia era come la luna, una cosa da sognare, adesso ci siamo saliti sopra"
"E dov'è Ben Harper quando hai bisogno di lui?"
Con una bozza di rosso ricaricata tre volte, Eddie si è guadagnato la cittadinanza vicentina onoraria: "noi vicentini/ siamo dei gran bevitori/ beviamo in casa/ beviamo fuori/ e a tutti quanti/ noi daremo del vin/ e anche stasera/ torneremo insachetà!"
Anche Ben si merita una menzione d'onore: tranquillo nel suo angolo a suonare, si è ritrovato con la suddetta bozza di rosso in gola, alla "batti co' basta" (gioco che prevede che il malcapitato di turno si piazzi su una sedia e un amico gli versi in gola dell'alcol a canna: quando il primo non regge più, batte la mano al versatore, che dovrebbe interrompere l'operazione).
In questa cronaca manca la musica: non ho parole per descriverla, davvero. Coinvolgente, forte, da brividi. Indimenticabile.
Il gran finale è stato così grande che non poteva esserci alcun bis: Keep on Rockin' In The Free World, e tutto il resto è gloria.
1 responsi:
"Stregata dai vapori terrestri e mangiatrice di foglie d'alloro": sicura che fossero di alloro?
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