Ogni volta che salgo in autobus mi chiedo: è mai possibile che siamo ingrassati così tanto? I cari vecchi sedili a "misura d'uomo" sono stati rimpiazzati da poltroncine da cinema, che neanche al multisala sono così larghe. Peccato che siano di plastica: comodità ma economia. Oddio, comodità... Sedute profonde che o tocchi terra con i piedi, o ti appoggi allo schienale. Trovata la posizione più comoda, non vedi l'ora di partire: sui rettilinei non c'è problema, ma inizi a maledire il genio che ha progettato questi cosi, che sempre più nella tua mente si avvicinano a strumenti di tortura, non appena l'autista imbocca la prima curva. E, con la mania dilagante delle rotatorie, non hai scampo: se poi aggiungi un autista che sognava di correre al Rally di Montecarlo, la situazione si fa ancora più disperata. In precario equilibro sulle punte dei piedi - hai scelto di riposare la schiena, sennò tanto vale stare in piedi - ondeggi pericolosamente scivolando sul sedile come fossi sulla pista da pattinaggio sul ghiaccio. Né assecondare né contrastare il contrappeso della curva serve a molto: inevitabilmente ti ritrovi con metà sedere fuori dal sedile. Nel disperato tentativo di evitare una rovinosa caduta, ti aggrappi alla prima cosa a portata di mano - che non sempre è un "apposito sostegno". Ostinatamente, decidi di restare ancora seduto: "questa volta mi ha colta impreparata, alla prossima curva andrà meglio". Ti puntelli con i piedi, che carichi di tutto il tuo peso, in modo tale che restino incollati al pavimento. Bilanci il baricentro. Prevedi la direzione della prossima curva e ti sposti impercettibilmente verso il lato opposto del sedile. Pronti...via! Cerchi di resistere, ma la spinta centrifuga è più forte di te: il sesè plana e ti tracina nel suo viaggio verso l'abisso, da far invidia ad Armin Zoeggler col suo slittino.
- Signora, le cedo il posto...?
100 anni di radio
1 mese fa
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