30 gennaio 2009

L'araba fenice

Cari i miei 14 lettori (fonte: ShinyStat),
spero che nessuno di voi abbia contattato Chi l'ha visto per segnalare la mia imporvvisa scomparsa dal Web.
Niente blog, niente biblioteca virtuale, niente feisbuc, niente Wiki, niente LUG: zero.
Qualcuno si è risentito, qualcun altro ha pensato male (un certo Vile Lurkatore Mascarato che so io e sa lui), qualcuno mi ha tempestata di richeste fino a perdere la voce...
Mi rendo conto che sparire così non è stato molto carino, almeno mettere un avviso tipo "chiuso per ferie", direte voi.
E se io dicessi che dal lontano 23 dicembre a ieri ho aperto la posta 3 dico 3 volte? E che ieri sera il mio lettore di feed superava i 650 post non letti? Forse questo può rendere una vaga idea della situazione...
Per l'antefatto rimando al post del 7 maggio scorso, non serve che mi ripeta.
Da quel momento, la strada è stata tutta in salita, sebbene abbia sempre cercato di dare alla mia vita una parvenza di normalità e serenità: non per gli altri, chissène, quanto per me stessa. Perché pensare alle cose belle, ai libri, ai dolci, alle vacanze, alle assurdità che mi fanno ridere, questo mi faceva sentire più "normale" e meno "malata".
Se con gli altri ho sempre "fatto finta" che andasse tutto bene, che gli esami fossero in corso, che stessi studiando, è stato solo perché sono restia ad aprirmi al dialogo. Finché si tratta di scrivere qui è tutto ok, ma quando arrivo al faccia a faccia vado in crisi: sono un orso, sono abituata ad arrangiarmi, che non è sempre un bene. E poi davvero non so come comportarmi di fronte alle parole di conforto, amicizia, affetto che qualche volta ho ricevuto e troppe volte ho evitato.
A farla breve, non so bene cosa sia successo, di preciso, da maggio ad oggi: fatto sta che alla sessione estiva non sono riuscita a dare nessun esame, mentre a settembre c'è stato il mio ritorno in gloria, peccato si sia trattato di una scintilla, non di un bel falò.
Non mi sono persa d'animo, tanto che a ottobre mi sono data da fare per mettere un po' d'ordine nella mia "carriera" universitaria, disposta anche a stravolgere il mio piano di studi sull'onda di un entusiasmo che mi faceva sperare in una scorciatoia e in strade che non avevo pensato di percorrere.
E qui è arrivata la paralisi: solo l'idea di andare a Venezia mi faceva venire il mal di stomaco, solo pensare di prendere in mano un libro mi provocava conati di vomito. Per una che fino a un anno fa sognava il dottorato, non è certo quel che si direbbe una crisi passeggera di infima entità...
All'allegro quadro, si aggiungano le rogne dei farmaci: perché io mi fido dei medici, e se un medico mi dice che devo prendere la medicina, lo faccio. Anche perché so che se ho mal di testa e mi prendo l'aspirina, poi sto meglio: così speravo di cuore che una pastiglietta magica mi aiutasse a sgomberare la mia testa da tutte le nuvole di temporale che vi si aggiravano. E dopo più di un anno di tentativi, ero sempre punto e a capo: niente vantaggi, niente miglioramenti, solo effetti collaterali. E l'impressione di non essere più io: che brutto, non lo auguro a nessuno.
Mi guardavo indietro e vedevo la mia determinazione il mio entusiamo la mia gioia per la mia scelta di vita universitaria: sapevo che mi sarebbe costata fatica e che per forza di cose avrei dovuto rimandare i mei progetti di indipendenza per un po', ma ero comunque serena. Ma se guardavo al presente, tutto l'entusiasmo era sparito, tutti i progetti mi sembravano senza senso, e nulla era in grado di emozionarmi veramente (tranne Apollo, sia chiaro).
E forse sta proprio qui il motivo del mio auto-isolamento: perché internet, il blog, ecc, è una specie di specchio e io non riuscivo a guardarmi in faccia. Non volevo vedere l'ombra di quella che ero, di quella che sono.
Alla fine è successo quello che doveva succedere: mi sono incazzata di brutto e ho buttato via le medicine. (si fa per dire, neh, dato che sono sotto costante controllo medico: neanche una mela al giorno mi leva mamy di torno :-P )
Oggi sono 2 settimane che non prendo nulla: la cosa strana, la cosa bella, è che finalmente, dopo non so quanto tempo, sento davvero. La nebbia che rendeva tutto uguale e informe si sta alzando, ora riesco a distinguere contorni e colori ed è una meraviglia. C'è solo un piccolo inconveniente: mi emoziono anche troppo, per troppo poco. Insomma, come si fa a commuoversi per la pubblicità dei mobili svedesi, me lo dite, eh?
Non saprò mai se le medicine che ho preso qualcosa hanno fatto - e che quindi se non le avessi prese sarei stata anche peggio- o se invece tutti i casini che ho avuto negli ultimi mesi sono stati un evitabile effetto collaterale dei farmaci: ma ora come ora non ha senso discuterne. Quel che è stato, è stato: amen e così sia.
Oggi c'è il sole: fuori e dentro di me. Forse tornerà a piovere, ma tanto io ho un ombrello lilla: anche questa si chiama felicità.

2 responsi:

G. ha detto...

Bentornata.
;)

Anonimo ha detto...

''C''uoto la doppia g :)

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