Da un po' di tempo, Striscia trasmette servizi che criticano severamente la cosiddetta cucina molecolare: trovate un approfondimento come si deve nel blog di Dario Bressanini Scienza in cucina.
Qualche giorno fa, ho avuto la (s)fortuna di imbattermi proprio in uno di questi servizi, che con immenso pressapochismo sia del giornalista (?) che del cuoco intervistato, criticava in modo molto vago quanto aspro la cucina di El bulli, noto ristorante di Barcellona. In poche parole, la tesi di Striscia è che la cucina "molecolare" sia solo un insieme di porcherie chimiche, mentre la cucina nostrana fatta di pasta fresca e salame e carnazza è l'unica degna di essere mangiata.
Punto primo: il consumatore è scemo - scusate, ma è vero. Basta trovare su un'etichetta la parola "naturale" per mandarlo in solluchero: e chissenefrega di leggere gli ingredienti...
Associamo al "naturale" ogni pregio, dalla purezza alla genuinità, alla non-nocività: mentre tutto ciò che è chimico viene guardato minimo minimo con sospetto, per non dire peggio.
Lungi da me difendere a spada tratta la chimica e demonizzare il naturale, non è questa l'intenzione: certo è che la cicuta è naturale e le torte fatte in casa lievitano grazie a un composto chimico.
Punto secondo: la nostra cultura culinaria ci porta ad apprezzare i piatti ricolmi di cibo, sinonimo di abbondanza, e a riempirci bocca e stomaco per dirci soddisfatti. Quando al ristorante ci presentano una portata artisticamente disposta, ma di scarse dimensioni, subito ci alteriamo: vogliamo l'abbondanza, ovviamente a un prezzo minimo. Mia nonna dice "si mangia per vivere, non si vive per mangiare": non ha tutti i torti, ma se si può mangiare godendone, non vedo perché non farlo.
La cucina molecolare non è altro che un modo diverso e creativo di interpretare la gastronomia: e diverso non è sinonimo di sbagliato o cattivo.
Il cuoco intervistato da Striscia criticava le mini-porzioni, le pappette e le gelatine: sebbene non possa dire di aver provato in prima persona questo tipo di cucina, la mia impressione è che proponga una riscoperta del cibo e della cucina, che coinvolga non solo il gusto, ma anche la vista, l'odorato e il tatto. Più che mangiare si dovrebbe gustare: a piccoli morsi, quindi, assaporando ogni boccone con tutti i sensi.
Una volta, in biblio, mi è capitato in mano un ricettario di cucina molecolare: l'ho trovato molto interessante e stimolante, e tante ricette si possono fare anche in casa, senza chissà quali difficoltà. Un giorno o l'altro proverò a cimentarmi con qualche piatto molecolare: il mio sogno è il gelato all'azoto liquido, chissà che non riesca davvero a procurarmene un po' ;-)
100 anni di radio
1 mese fa
2 responsi:
Cara Pizia, la pizza è la pizza, coinvolge il gusto, l'odorato, il tatto (e a volte pure la vista)... Se tu e Apollo capitate a Napoli magari vi indico qualche posto... ti passeranno le voglie di cucina molecolare!
Caro Demart, guarda che non sono contraria alla cucina nostrana, anzi, la adoro! Solo che non trovo giusto demonizzare in modo pressapochista un modo di fare cucina diverso dal solito. Tutto qua.
E cmq, W la pizza!!!
Posta un commento